venerdì 20 aprile 2012

Cambiare percorso.

Vi è mai capitato di sentirvi inadeguati in determinati luoghi o situazioni? Di sentirvi mancare il respiro perchè la vostra vita vi sta stretta? Cos'è che avete fatto?
Ieri , un volto a me sconosciuto, mi ha chiesto se era da pazzi lasciare una situazione lavorativa che toglie il fiato, abbandonare tutto e andar via. Beh, forse è da pazzi, ma credo sia coraggioso e giusto farlo.
 Giusto per se stessi. Per vivere una vita piena e che renda felici. 
E poi, perchè è da pazzi cambiare percorso? Non potrebbe esserlo restare?
Vi sto parlando di questo, perchè in realtà vi sto parlando anche e soprattutto di Un sogno da ritrovare. Perchè? Perchè cambiare il proprio percorso di vita per cercare la propria strada, quella che rende felici, felici davvero, è la storia di Sigismondo. Un giovane uomo arrivato ad un bivio: continuare a vivere una vita che forse altri hanno scelto per lui o scegliere di cambiare; scegliere un percorso diverso.

E se non fosse questa la strada giusta?
Io sono qui che cammino... cammino... cammino... Non mi fermo a guardare. Non mi fermo ad ascoltare. Mi lascio guidare. Dall'altra parte è il contrario.
Forse la differenza sta proprio in questo:
noi trasportati dalla corrente verso una meta,
loro trasportati dall'amore, dalla passione, verso il godimento di ogni singolo attimo!
Forse per essere felici bisogna avere soltanto un po' di coraggio [... ]
Voglio poter scegliere i colori, i suoni, gli odori, che riempiranno la mia vita. Voglio poter scegliere la casa in cui abitare, per starci bene dentro, sia oggi che in futuro.
Voglio poter scegliere!

( da Un sogno da ritrovare )

Letizia

martedì 17 aprile 2012

Un sogno da ritrovare


“Dimmi una cosa? La ami? ”
Ettore fissando lo sguardo della madre quasi a voler scorgere chissà cosa, sembrò non voler rispondere alla domanda. Sua madre allora riprese la parola.
“Stella è una carissima ragazza. Mi piace molto. Sto bene con lei… ” 
Interrompendola: “Allora cosa c’ è che non va? ”
“Questo vale per me! Allora... la ami? ”
Con tono infastidito: “ Ma perché mi fai questa domanda? ”
“ Perché l’Amore è vita! Ed io non vedo vita in te! Non la vedo nei tuoi occhi! ”
“ Cos’ è allora che vedi in me? ”
“ Sconfitta. Dispiacere. ”
 Ettore abbassò gli occhi, come a voler fuggire da quelle parole. Ma a volte ci son parole che entrano di prepotenza dentro e continuano a risuonare, a scavare, a creare dolore e sofferenza. Quanto più si cerca di non ascoltarle, tanto più loro continuano imperterrite nel loro andare. E il solo modo per liberarsene è guardarle dritte in volto. Ed Ettore lo sapeva. Ma sapeva anche che guardarsi dentro e ascoltare le tante voci che lo attanagliavano ormai da tempo, equivaleva a dover rendersi conto di errori fatti e situazioni da capovolgere. Era doloroso, e lo sapeva, per questo continuava a non ascoltarle, a far finta che tutto andasse bene. Ma purtroppo, prima o poi, avrebbe dovuto farlo. Ascoltare. Era questo un altro dei suoi limiti. Sembrava non sapesse farlo. O lo faceva solo a tratti. Forse solo con sua madre, verso la quale nutriva grande stima e amore. D'altronde era l'unica che gli era stata sempre vicina, e con la sua dolcezza innata, aveva sempre aperto uno spiraglio di luce in quell'universo buio, da lui creato, che lo avvolgeva totalmente. Era con lei che riusciva a parlare rimanendo calmo. Era con lei che non aveva paura di dialogare. Era con lei che i sorrisi riuscivano a stamparsi sul viso. Era con lei, e con lei soltanto, che dimenticando tutto quello che lo circondava, riusciva ad abbandonarsi a quelle dolci parole cariche d'amore. Era un altro con lei. Forse quel bambino che io ricordavo ancora, era rimasto celato in qualche angolo di quel grande corpo, e solo a tratti riusciva a sconfiggere la possente forza dell'involucro e a venir fuori.


Da Un Sogno da ritrovare



venerdì 13 aprile 2012

"Un uso qualunque di te" di Sara Rattaro



Come promesso, oggi vi lascio qualche riga tratta dal romanzo di Sara Rattaro,
Un uso qualunque di te.

Come faccio a spiegartelo, Viola? Come faccio a dirti che è per lei che io ho imparato ad amarmi, 
che è lei la mia radice, che è la sua stanza che io chiamo casa, che so cosa le piace e cosa le dà 
ribrezzo, a chi ha dato il primo bacio perché sono quasi morto quando me l’ha raccontato, che è tra 
le mie braccia che è caduta quando ha fatto il primo passo della sua vita. […] Ho lottato contro la 
febbre alta, contro il suo mal di mare, le ho spalmato il talco mentolato perché la varicella non le 
segnasse la pelle, l’ho seguita la prima volta che è andata a scuola da sola, mi sono morso la lingua 
e ho trattenuto le mani quando è tornata a casa in lacrime perché le avevano spezzato il cuore. […] 
Ho studiato la storia dei romani tre volte e so Dante quasi a memoria perché lo imparasse anche lei. 
Ho passato serate intere a farle ripetere le tabelline e poi tempo dopo quelle stesse sere le abbiamo 
spese a parlare del valore della verginità e del sesso. Ho provato a spiegarle cosa sono i maschi, 
sperando e pregando Dio che non li incontrasse mai. 


http://narrativa.giunti.it

E' stato definito Un'emozionante confessione femminile così autentica da lacerare il cuore;
non potrebbero esserci parole più giuste per descrivere quello che si prova leggendolo. 
Quelle parole esplodono dentro e lasciano senza respiro. 
Struggente.

Provate a leggere le prime pagine, vedrete che entrerete nel mondo di Viola e non riuscirete ad uscirne
se non, dopo essere arrivati fino alla fine. 


Letizia




mercoledì 11 aprile 2012

Dopo un piccolo inconveniente... eccomi qui di nuovo!


E’ da un po’ che non scrivo. Beh, a volte la tecnologia aiuta, altre meno, e questo è il mio caso… la mia chiavetta internet mi ha abbandonata, non voleva proprio saperne di funzionare! Ma ora eccomi qui di nuovo a parlarvi di me, del mio libro e di quello che mi appassiona o appassionerà.
 In questi giorni, grazie a mia sorella, ho scoperto un romanzo uscito nelle librerie da qualche settimana, ho pensato di parlarvene perché mi ha totalmente coinvolta.
Sapete quelle pagine che proprio non riuscite ad abbandonare? Quelle che vi assorbono totalmente tanto da non riuscire ad uscirne nonostante il telefono squilli, la fermata dell’autobus si avvicini, vostra madre vi chieda qualcosa di incomprensibile alle vostre orecchie? Questo è quello che capita a me quando delle parole riescono a prendermi totalmente. Ieri ad esempio stavo rientrando a casa. Avevo il libro in borsa. Camminando percepivo la sua presenza, come se mi stesse chiedendo di esser tirato fuori e letto. E’ stata una sensazione strana perché di quella sensazione, mai provata prima, ne avevo scritto nel mio romanzo. “… avere quel biglietto in tasca gli metteva addosso una strana sensazione […] Era come se quel bigliettino si muovesse e tirasse a se le mani di Sigismondo. La curiosità era troppa. Non riuscì ad attendere nemmeno qualche minuto in più. Prese tra le mani quel biglietto. Compose il numero. E la chiamata partì…”
Io però, a differenza di Sigismondo, non l’ho tirato fuori dalla mia borsa perché non sono un granchè brava a leggere e a camminare insieme. Vi lascerò un post con una delle pagine più intense.
 Ma ora veniamo al mio di romanzo. Nel periodo in cui non sono riuscita a parlarvi, un po’ di persone, avendo letto il mio libro, mi hanno lasciato dei commenti. Questo è uno di quelli:
“… una prosa molto lieve, delicata, talvolta addirittura poetica, per un sentire che va oltre…”
E poi, sicuramente tutte le altre, piene di stupore, gioia e meraviglia per ciò che avevano appena finito di leggere. Grazie a tutti!

Letizia

P.S.
Il titolo del libro di cui vi ho parlato è: Un uso qualunque di te.