Eravamo in una città nuova. Conoscevamo gente nuova. Respiravamo aria nuova. Ma Sigismondo era sempre lo stesso. Nulla in lui era cambiato. E quel passato che tanto avrebbe voluto scrollarsi di dosso, era ancora lì. Nuove domande facevano capolino tra i suoi pensieri mettendo totalmente in discussione ciò che era. E la sua strada. Ecco, era proprio quello il punto. Proseguire o deviare. Si sentiva immobilizzato da una valanga di sensazioni opposte che venivano giù incessanti e incuranti di ciò che avrebbero sradicato e cambiato per sempre con il loro passaggio.
Passava le sue giornate a camminare per le strette stradine d’oltrarno. Sentiva il bisogno di perdersi per poi ritrovare la strada del ritorno. Osservava volti e ascoltava voci sconosciute. In ognuna cercava di trovare quel qualcosa di familiare che lo facesse sentire meno solo. E quando solo si sentiva davvero, ritornava in luoghi conosciuti dove incontrava quei volti divenuti familiari nel breve periodo trascorso in quella città. A volte rientrava a casa. Lì c’era sempre Lorenzo ad aspettarlo. E quel bambino, devo dire, era diventato un punto fondamentale nella sua esistenza.
Da "Un sogno da ritrovare"
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